A un anno dall'avvio del "Conto energia", l'Italia del fotovoltaico è ancora al palo. Complici i "disincentivi" del governo e i soliti furbetti...

A un anno dall'avvio del "Conto energia", l'Italia del fotovoltaico è ancora al palo. Complici i "disincentivi" del governo e i soliti furbetti...

Lo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili (solare, eolica, idrica, geotermica) è l’unica alternativa possibile all’impennata dei costi delle energie fossili, al loro progressivo esaurimento e all’allarmante deterioramento del nostro ambiente (inquinamento atmosferico sopra tutto).

Inoltre, i paesi che hanno investito in energia pulita beneficiano oggi di un prospero settore industriale: si pensi alla Germania, ad esempio, che con il solo fotovoltaico (200 metri di metri di pannelli per abitante, contro i 4 in Italia) ha avviato un’impresa con 25.000 addetti, 5.000 aziende e due miliardi di euro di fatturato annuo.

La formula del conto energia è il sistema adottato dai Paesi desiderosi di promuovere gli investimenti nel fotovoltaico, i pannelli in grado di trasformare la luce del sole in elettricità.

 Anche l’Italia, con un decreto del Ministero delle attività produttive del settembre 2005 ha cercato di proporre incentivi per l’installazione dei prodigiosi pannelli.

 Il meccanismo prevede che il soggetto privato, a proprie spese (con prestiti agevolati nelle regioni più fortunate), installi i pannelli fotovoltaici e venda l’energia prodotta al proprio gestore, ad un prezzo maggiorato da incentivi che superano di circa 45 centesimi per kilowattora quello praticato dalla stessa azienda per la fornitura.
Da un decreto che sembra incoraggiare sensibilmente il partito dell'energia pulita ci si aspetterebbe in risposta una fioritura di pannelli su tetti e terreni da far impallidire le installazioni tedesche. Invece l’Italia resta al palo.
«Mentre la potenza fotovoltaica totale installata in Italia nel 1994 era l'8,6% di quella totale installata nei 20 Paesi sviluppati monitorati dalla IEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, quella percentuale era scesa all'1% nel 2005; in Germania quella stessa percentuale era del 7,6% nel 1994 ed era salita al 38,7% nel 2005».

A illustrarci la situazione è Fabio Roggiolani, Responsabile nazionale Innovazione ed Energia dei Verdi e presidente della commissione Sanità della regione Toscana, che ci spiega anche perché l’Italia sia rimasta così indietro.
«Il decreto del governo stabiliva un tetto di 100 Mw (Megawatt) come limite alla potenza installabile complessivamente, a fronte dei 1500 Mw delle domande presentate al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale tra il 19 settembre 2005 e il 30 giugno 2006.

Delle dodicimila richieste inoltrate, soltanto 1800 hanno avuto accesso agli incentivi. Tra queste, inoltre, molte sono finite nelle mani di pochi speculatori attraverso una vera e propria turbativa d’asta (potenze e incentivi venivano elargiti attraverso un sistema di aste trimestrali).

Il problema ancora una volta non è da attribuirsi a una mancanza di fondi, ma a una cattiva gestione degli stessi.» continua Roggiolani «Dal 1992 ogni italiano devolve il 7% di ogni bolletta elettrica (voce A3) per finanziare la “Costruzione impianti fonti rinnovabili”.

Alle fonti “rinnovabili” si sono aggiunte anche quelle “assimilate”, cioè quelle che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico, gasolio di recupero, scarti di lavorazione, per produrre energia elettrica. 50 miliardi di euro finiti con gli anni nelle tasche dei petrolieri italiani, facendoci credere che avrebbero sostenuto lo sviluppo delle fonti rinnovabili!».
Di fronte a un simile quadro non possiamo che aspettare fiduciosi le imminenti disposizioni in materia promesse dal nuovo governo, augurandoci che sulle precedenti speculazioni sia fatta luce... da fonte rinnovabile.

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